In molti si chiedono cosa sia la indennità di accompagnamento e, soprattutto, quando possa essere richiesta. Come ogni cosa, per comprendere, al meglio, di cosa stiamo parlando, è necessario partire dalla definizione, così come riportata dall’INPS: l’indennità di accompagnamento è una prestazione economica, erogata a domanda, in favore dei soggetti mutilati o invalidi totali per i quali è stata accertata l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita”
Da questo assunto, quindi, si desume che la domanda può essere inoltrata all’INPS dalle persone che sono invalide civili totali, con difficoltà a deambulare e prive di un aiuto continuativo nel volgere le funzioni primarie della vita quotidiana di tutti i giorni. Andremo ad analizzare, ora, in quali casi spetta l’assegno di accompagnamento.
Quali sono i soggetti che possono ottenere l’indennità di accompagnamento
Per richiedere l’indennità di accompagnamento, è indispensabile risultare cittadini italiani, gli stranieri, invece, devono soddisfare i seguenti requisiti: essere iscritti all’anagrafe del comune di residenza; essere in possesso di un permesso di soggiorno di almeno un anno; dimostrare di risiedere stabilmente e continuativamente sul territorio italiano.
È indispensabile, inoltre, risultare invalidi al 100% e risultare non autosufficienti. L’INPS, comunque, effettuerà dei controlli per quanto riguarda quei soggetti che, ancora in età lavorativa, inoltrano la domanda per ottenere il percepimento di questa indennità: qualora emergesse la sussistenza di elementi gravi ed evidenti che ostacolano lo svolgimento di un’attività lavorativa, l’ente previdenziale corrispondere l’assegno.
È possibile ottenere l’indennità di accompagnamento, di conseguenza, anche nel caso in cui sia stata superata l’età pensionabile. A differenza di altre forme previdenziali, quindi, non occorre alcun requisito anagrafico: se dovuta, è possibile ottenerla a prescindere da quanto recita la carta d’identità.
Indennità di accompagnamento: +0,5% rispetto al 2020
Non vi è alcun limite per quanto concerne anche il reddito percepito, a differenza di quanto avviene, di norma, per qualsiasi altra forma previdenziale: è erogabile a prescindere da quanto percepito dal richiedente, il coniuge e tutti i membri del proprio nucleo familiare. Un aiuto concreto, quindi, da parte del legislatore, che riconosce l’oggettivo stato di difficoltà che alcune famiglie riscontrano nell’assistenza ad una persona totalmente invalida.
A differenza di una normale pensione d’anzianità, che prevede la corresponsione della cosiddetta “tredicesima”, l’indennità di accompagnamento prevede l’accredito di dodici mensilità. L’importo previsto per quanto concerne il 2021 è di €.522,10 ed è possibile ottenerla solo ed esclusivamente tramite il verbale redatto dalla commissione medica preposta ad accertare l’effettiva sussistenza della richiesta.
Rispetto al 2020, anno che resterà indelebilmente segnato dall’avvento della pandemia, la cifra erogata dall’INPS è stata leggermente aumentata. Sino allo scorso anno, infatti, era possibile percepire un assegno di €.520,29: l’aumento, di conseguenza, è pari ad uno 0,5% rispetto allo scorso anno.
Indennità accompagnamento 2021: iter decisamente più snello
Un’altra importante differenza riguarda anche l’iter burocratico, che si presenta decisamente più snello rispetto a dodici mesi fa. Per ottenere l’indennità di accompagnamento, infatti, è non è più indispensabile compilare il modello “AP70”, che attesta i dati socio-economici del richiedente per verificare se il medesimo ha diritto alla corresponsione della prestazione.
Il primo accredito, di norma, viene erogato il mese successivo alla data in cui è stata presentata la domanda, ma in alcuni casi, è possibile ottenere la prestazione economica anche a decorrere dal giorno in cui è stato stilato il verbale, redatto dalle autorità sanitarie, attestante l’effettiva invalidità del richiedente.
In caso di ricovero, però, l’erogazione dell’indennità potrebbe essere sospesa. Ciò accade quando la persona invalida è ospitata in una struttura pubblica e permanga nella stessa per un periodo pari o superiore a 30 giorni. In casi di brevi ricoveri o day hospital, di conseguenza, la prestazione continua ad essere erogata dall’ente previdenziale.