Quando si parla di coltivazione della cannabis per hobby, un doveroso cenno deve essere dedicato alla popolarità delle autofiorenti. Questa tipologia di piante è sempre più richiesta. E-commerce come Fast Buds, infatti, hanno visto i loro fatturati aumentare tantissimo negli ultimi anni.
A cosa è dovuto questo successo? Alla sostanziale semplicità di coltivazione. La cannabis autofiorente, non essendo fotoperiodica, è facilmente gestibile anche da parte dei principianti. Non bisogna impegnarsi molto con la gestione dei dettagli relativi all’illuminazione in quanto le piantine crescono sulla base dell’età. Inoltre, sono abbastanza resistenti ai parassiti.
Attenzione, però: questo non deve far pensare che sia tutto realizzabile con uno schiocco di dita. Se si vuole avere soddisfazione nella coltivazione di cannabis autofiorente, è necessario conoscere ed evitare alcuni errori. Ecco quali.
Rinvasare le piante
Per chi si approccia alle autofiorenti da zero o dopo aver coltivato la cannabis fotoperiodica, il pensiero di rinvasare le piante può essere naturale. Bene: bisogna limitarsi a pensare e non agire. Il motivo è legato al fatto che, così facendo, si rischia di sottoporre le piante a uno shock che difficilmente reggerebbero. Non dimentichiamo infatti che la crescita delle piante autofiorenti di cannabis avviene in tempi estremamente brevi. Alla luce di ciò, se si ha intenzione di non avere problemi con i raccolti è il caso di scegliere fin da subito quello che sarà il vaso definitivo.
Trascurare totalmente i cicli di luce
Il fatto che non sia necessario spendere migliaia di euro per gli apparati relativi all’illuminazione non vuol certo dire che le piante di cannabis autofiorente possano essere lasciate a loro stesse.
Tenerle al buio per troppo tempo, infatti, è una scelta che può rivelarsi molto pericolosa per la crescita. Quale ciclo adottare? Gli esperti sono concordi sul consigliare ai breeder neofiti di orientarsi verso lo schema 18/6. Certo, può rappresentare un contro non indifferente per quanto riguarda le spese energetiche – si può “tamponare” la situazione con i LED – ma dal punto di vista della qualità del raccolto gli sforzi verranno ripagati.
Esagerare con l’apporto idrico
Ecco un errore in cui cadono molti coltivatori di cannabis che, essendo principianti, si approcciano al mondo delle autofiorenti. Di cosa stiamo parlando? Del fatto di lasciarsi prendere la mano con l’innaffiatoio una volta archiviata la fase di irrigazione.
Troppo spesso si tende a esagerare con l’acqua quando la pianta è troppo fragile per sopportarne grandi quantità. I neofiti cadono in questo errori quasi sempre con la convinzione che, essendo la cannabis autofiorente derivante dalla varietà ruderalis originaria della Siberia, le piantine possano siano più tolleranti rispetto a quelle di cannabis fotoperiodica.
Non è così: lasciandosi prendere la mano con l’acqua, si rischia solo di rovinarle. L’approccio giusto prevede il fatto di bagnarle poco ogni giorno.
Eseguire potature apicali
Le piante di cannabis autofiorente, come già detto, crescono molto in fretta. In virtù di ciò, è bene evitare di eseguire potature apicali. Il rischio con questo approccio è quello di non vedere la pianta ramificare lateralmente.
Fertilizzare a caso
Coltivare cannabis autofiorente è facile ma, ribadiamo, non permette di mettere in secondo piano alcuni aspetti tecnici. Tra questi troviamo la scelta dei nutrienti per la fertilizzazione. Questi ultimi non vanno somministrati a caso.
Bisogna infatti regolarsi sulla base della fase del ciclo di vita della pianta. Nel corso di quella vegetativa, le piantine hanno bisogno soprattutto di azoto. Nel momento in cui, invece, entra in gioco la fase di fioritura, serve il fosforo. Quando i fiori sono già spuntati e iniziano a maturare, invece, è bene concentrarsi sul potassio.
Concimare a caso senza tenere conto di queste indicazioni può rivelarsi una scelta a dir poco dannosa per le proprie piante di cannabis autofiorente.